L’Induratio Penis Plastica (IPP)
DEFINIZIONE
L’induratio penis plastica (IPP) è un’anormalia acquisita della tunica albuginea, caratterizzata da fibrosi con formazione di placche, che può accompagnarsi o no a dolore, deformità e deviazioni del pene, disfunzione erettile e che spesso comporta un importante impatto psico-sociale.
EPIDEMIOLOGIA
L’età media di comparsa è 55-60 anni e la prevalenza varia da 0.5 a 9%, aumenta con l’età ed è maggiore (20%) nei pazienti affetti da disfunzione erettile e diabete mellito. Si pensa che la prevalenza reale sia più elevata, ma sottostimata per l’imbarazzo a parlarne da parte dei pazienti, la scarsa conoscenza di possibili rimedi, o perché i sintomi non vengono considerati in grado di compromettere la vita sessuale.
Fattori di rischio sono considerati il diabete, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, le malattie cardio-vascolari, il fumo di sigaretta, l’abuso di alcool e l’associazione con la sindrome di Dupuytren.
FISIOPATOLOGIA ED EZIOPATOGENESI
La causa di tale patologia è multi-fattoriale e ancora poco conosciuta. La teoria prevalente è che la fibrosi della tunica albuginea sia conseguenza di un trauma micro-vascolare, o di ripetuti micro-traumi, dell’asta del pene, con deformazione dello stesso, che avvengono durante i rapporti sessuali. Nonostante ciò, la maggior parte dei pazienti non ricorda che alcun evento traumatico abbia preceduto l’inizio della sintomatologia.
Attualmente la maggior parte degli autori propende per una patogenesi caratterizzata da un’alterazione del processo di riparazione dopo traumi o micro-traumi che si sviluppa in individui geneticamente e/o immunologicamente predisposti. Il TGF-ß1 è la più importante citochina fibrogenica coinvolta nel processo di fibrosi e di formazione delle placche della tunica albuginea.
Vi è frequentemente un’associazione con la presenza di altre malattie caratterizzate da fibrosi (fibromatosi palmare, della fascia plantare del piede, timpanosclerosi), con la malattia di Paget e con la presenza di aplotipo HLA B27.
In sintesi, la causa di tale patologia potrebbe essere un’alterata risposta infiammatoria a un trauma o ripetuti micro-traumi in soggetti geneticamente predisposti.
CLINICA
La storia naturale dell’IPP si divide in una fase acuta e una cronica.
La prima fase può durare dai 6 ai 18 mesi ed è caratterizzata dalla predominanza dei processi infiammatori, con comparsa delle placche fibrose, della loro evoluzione con deformazione e curvatura del pene e solitamente dolore sia nella fase flaccida che durante l’erezione .
Segue la fase cronica (sintomi invariati da almeno 3 mesi), con la stabilizzazione delle placche, più solide, calcifiche e delle deformità peniene (tipicamente dorsali, dorso-laterali, ventrali) e con la scomparsa della sintomatologia dolorosa entro 12 mesi. Talvolta compare disfunzione erettile.
Se non si avvia un trattamento, le deformazioni peniene migliorano spontaneamente solo nel 12-13% dei casi, rimangono stabili in circa il 40-47% e peggiorano nel 40-48% .
DIAGNOSI
La diagnosi di IPP si ottiene dalla storia clinica del paziente e dalla valutazione del pene. L’anamnesi deve essere accurata e comprendere informazioni circa l’inizio dei sintomi e la possibile relazione con un trauma penieno durante il coito, la progressione o la stabilità delle deformazioni peniene e se queste interferiscono con il rapporto sessuale. Va indagata inoltre la presenza di disfunzione erettile. Poiché si tratta di un quadro morboso con forte impatto psico-sociale, vanno indagati il tono dell’umore e lo stato relazionale del paziente, anche in previsione di un approccio terapeutico multi-disciplinare. È stato validato a questo proposito un questionario di valutazione, in grado di misurare gli effetti psico-sessuali della presenza di IPP e della risposta al trattamento, il PDQ.
L’esame del pene comprende:
· la localizzazione delle placche e della loro consistenza (soffice o calcifica);
· le deformazioni (pene a clessidra, a cerniera) e l’angolo di curvatura del pene, meglio durante erezione, mediante iniezione intra-cavernosa di sostanza vaso-attiva o, in alternativa, utilizzando documentazione fotografica portata dal paziente;
· la misura della lunghezza del pene, anche in previsione di un trattamento chirurgico, in modo che il paziente comprenda che la perdita di lunghezza del pene dipende da IPP e non dall’atto chirurgico;
· la valutazione della disfunzione erettile mediante questionario IIEF;
· eventualmente, se presente, esecuzione di eco-doppler penieno, per la valutazione dell’assetto vascolare. L’ecografia del pene permette inoltre la localizzazione esatta delle placche, la loro misura e grado di calcificazione.
Non sono necessari esami di laboratorio per la diagnosi, tranne che per confermare la presenza degli altri fattori di rischio per IPP, come diabete e malattie cardio-vascolari. In caso di concomitante disfunzione erettile, è utile la valutazione funzionale dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi
TERAPIA FARMACOLOGICA
Nella prima fase della malattia, infiammatoria, si attua unicamente terapia medica, in quanto l’approccio chirurgico può essere fatto solo dopo 3-6 mesi di stabilizzazione delle lesioni e degli altri disturbi, per non incorrere in ulteriore ripresa di malattia dopo l’intervento .
La sintomatologia dolorosa, tipica della prima fase della IPP, può essere controllata agevolmente mediante FANS.
I farmaci attualmente più utilizzati sono:
Verapamile (Isoptin) Verapamil (Isoptin 1 fiala 5mg\2ml alla settimana per 10 settimane): si tratta di un farmaco calcio-antagonista (o bloccante dei canali del calcio). Questi farmaci hanno un’azione vasodilatatoria e favoriscono la diminuzione del carico cardiaco; vengono pertanto tipicamente utilizzati in pazienti ipertesi o con problematiche cardiologiche di vario tipo. Nell’ambito della malattia di Peyronie l’iniezione di verapamil può contribuire a impedire la calcificazione della placca e favorire la rottura del collagene già depositato. La via di somministrazione diretta intra-placca ottimizza i risultati e riduce notevolmente gli effetti collaterali sistemici (la comparsa di ipotensione o bradicardia è rarissima). Alcuni studi mostrano risultati buoni nel ridurre la curvatura e l’estensione della placca quando il farmaco viene usato precocemente. Nella pratica clinica i risultati sembrano discreti, anche se non costanti e riproducibili in tutti i pazienti. Occorre sottolineare come questo trattamento sia abbastanza invasivo e preveda iniezioni settimanali (eseguibili anche in anestesia locale) per cicli di terapia piuttosto lunghi (almeno 10 settimane)
Collagenasi IN EUROPA FARMACO NON PIU' DISPONIBILE: è un enzima prodotto da un determinato batterio (il clostridium hystolyticum) capace di distruggere il tessuto fibroso e la placca di collagene. I farmaci a base di collagenasi (Xiapex in Europa, Xiaflex in USA) rappresentano una recentissima novità nella terapia dell’IPP e – grazie agli ottimi risultati degli studi preliminari – hanno ottenuto l’autorizzazione della FDA e dell’EMA: la collagenasi è pertanto l’unico farmaco con precisa indicazione per il trattamento della malattia di Peyronie (tutti gli altri vengono infatti prescritti al difuori delle loro reali indicazioni, “off label”). In Italia Xiapex è stato autorizzato nel novembre 2016 per il trattamento di pazienti affetti da IPP con curvatura peniena compresa tra i 30 e i 90 gradi. Il ciclo di trattamento prevede in genere 4 iniezioni intra-placca eseguite in anestesia locale e a pene flaccido; ogni due iniezioni è prevista una seduta di “manipolazione” peniena (sempre in anestesia locale) da parte del medico urologo-andrologo, con lo scopo di “rompere” manualmente la zona fibrosa. L’efficacia del farmaco sembra effettivamente buona e probabilmente superiore a quella delle altre soluzioni non chirurgiche disponibili. E’ tuttavia troppo presto per capire se potrà avere un ruolo determinante nella cura dei pazienti affetti da IPP: alcune perplessità riguardano da un lato i costi molto elevati (una singola fiala costa oltre 2000 euro) e dall’altro le possibili complicanze locali risultate abbastanza frequenti (ematoma penieno, edema e dolore) e in alcuni casi anche severe (rottura dei corpi cavernosi osservata in 3 pazienti su 551 arruolati nello studio, 0,54%).
Interferone: si tratta di una proteina normalmente prodotta dal sistema immunitario durante infezioni virali. La sua azione è quella di modulare la risposta immunitaria e ha trovato impiego nella terapia di alcuni tumori e di malattie auto-immuni (come la sclerosi multipla). L’interferone a-2b (IntronA) ha inoltre un’azione inibitoria sulla proliferazione fibroblastica e la produzione di collagene. E’ stato valutato nella terapia intra-placca dell’IPP in diversi studi scientifici: i risultati sono stati buoni a fronte di effetti collaterali di entità medio-lieve (sindrome simil-influenzale con febbre, astenia, mialgia e sinusite). E’ tuttavia in fase sperimentale e nulla si può dire ancora sulla sua reale efficacia nella pratica clinica. I costi sono decisamente alti.
Acido ialuronico: si tratta di uno dei componenti fondamentali del tessuto connettivo umano. Trova molteplici impieghi, soprattutto nella medicina estetica. In uno studio prospettico è stato valutato nel trattamento locale della placca di IPP e si è dimostrato efficace e sicuro (effetti collaterali minimi). I costi sono decisamente inferiori rispetto a collagenasi e interferone.
Concentrato piastrinico (PRP): comporta l’iniezione intra-placca di piastrine concentrate precedentemente prelevate dal paziente. Questo tipo di approccio è ancora in fase ipotetica ed è stato impiegato nella terapia dell’IPP in modo sperimentale e al di fuori di trial scientifici. E’ una procedura molto “di moda” soprattutto in campo fisiatrico e ortopedico, ma nulla si può dire sulla sua reale efficacia nella malattia di Peyronie. Essendo materiale autologo i costi sono contenuti e gli effetti collaterali minimi.
Steroidi: farmaci a base di cortisone sono stati a lungo impiegati nella terapia locale dell’IPP. Gli ultimi studi scientifici hanno tuttavia dimostrato la loro inefficacia sia nella gestione del dolore sia nella diminuzione della curvatura. Gli effetti collaterali a lungo termine includono atrofia dei tessuti con assotigliamento cutaneo.
Vitamina E: agisce come anti-ossidante naturale e protegge le cellule dai danni causati dai radicali liberi; sembra inoltre in grado di ostacolare la formazione di tessuti cicatriziali e di ridurre l’infiammazione. Nonostante nessuno studio scientifico sia mai riuscito a dimostrare la sua reale efficacia nel ridurre l’estensione della placca e la curvatura del pene, resta un farmaco molto utilizzato - anche per i suoi bassi costi e la sua sicurezza. Il suo impiego è mirato quindi soprattutto a ridurre la progressione della fibrosi e rientra spesso nell’ambito di terapie farmacologiche combinate.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
La terapia chirurgica si attua:
· dove una terapia conservativa ha fallito;
· per consentire il rapporto sessuale quando le deformità del pene non lo permettono;
· in presenza di placche molto estese e quando il paziente, con lesioni stabili, desidera una rapida soluzione del problema.
Il trattamento chirurgico va eseguito nella fase cronica dell’IPP, a circa 12-18 mesi dalla comparsa della malattia e dopo almeno 3-6 mesi di stabilità delle lesioni.
L’atto chirurgico deve essere preceduto da un accurato esame obiettivo della curvatura e delle deformità del pene, nonché della lunghezza e della circonferenza. La lunghezza è un particolare importante soprattutto in previsione della scelta dell’intervento chirurgico. Va valutata anche la sensibilità al tatto e la funzione vascolare con ecografia. Deve infine seguire la discussione con il paziente sulle realistiche aspettative e limitazioni dell’intervento, ponendo l’accento sul fatto che la chirurgia non ha come obiettivo riportare la situazione peniena come prima della comparsa dell’IPP, quanto di ripristinarne la funzione. Possibili complicanze post-chirurgiche sono: residua deformazione peniena, accorciamento del pene, ridotta sensibilità e rigidità, comparsa di disfunzione erettile, ematomi e fimosi.
Per deviazioni peniene con angolo di curvatura < 60-70°, senza deformazioni instabili del tipo a clessidra e con lunghezza adeguata, senza disfunzione erettile, l’opzione chirurgica più semplice consiste nell’accorciamento della tunica albuginea mediante incisione/escissione o plicatura della parte convessa del pene (opposta alla placca), con conseguente accorciamento della lunghezza del pene che di solito è 1 cm per ogni 10 gradi di curvatura.
Per curvature peniene > 60-70° con deformazioni del pene tipo a clessidra o instabili, precedente adeguata funzionalità erettile (o buona risposta all’erezione farmaco-indotta), l’opzione chirurgica è quella di optare per una tecnica di allungamento del pene mediante incisione o parziale escissione della placca (parte concava della curvatura) e riempimento della tunica con materiale di innesto (il termine allungamento è riferito alla tecnica e non comporta un realle allungamento del pene). Tale procedura risulta più lunga e necessita di innesti che possono essere costituiti da materiale autologo (grasso dermico, tessuto venoso, mucosa buccale, prepuzio), non autologo (sottomucosa del tenue di suino, derma porcino, pericardio bovino) o sintetico (meno usati perché anelastici: Dacron, Teflon o Goretex).
Infine nei pazienti con funzione erettile non adeguata e che non risponde a trattamento medico, l’opzione chirurgica migliore è l’impianto protesico, che è in grado di correggere sia IPP che disfunzione erettile.
La chirurgia in sostanza, in attesa di un trattamento medico efficace, risulta il gold standard nel trattamento della IPP.